Credo che per ognuno di noi, almeno tra coloro che si esprimono anche attraverso l'abbigliamento in modo consapevole (leggi: non limitandosi a indicazioni esterne, la "moda", ma usando gli abiti come parole di cui decidere la disposizione a seconda di come ci si sente), la riflessione di Sarah Manley valga la pena di essere presa in considerazione.
Qual è la differenza tra un vestito e un "costume"? Cosa significano le nostre scelte in quest'ambito così apparentemente superficiale? Perchè con i nostri abiti stiamo sempre dicendo qualcosa, cose diverse, e come nei dialoghi di parole a volte anche nei dialoghi di vestiario ci fraintendiamo.
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